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Qual è la differenza tra Prosecco e Champagne? Dal momento che sono molti – tra i meno esperti - che se lo chiedono, rispondiamo volentieri a questa domanda. In questo articolo, pertanto, vi sveliamo le grandi differenze tra le 2.
Così come accade per il Franciacorta, anche nel percepire le differenze tra Prosecco e Champagne un non addetto ai lavori o semplicemente un non appassionato di vini bollicine, potrebbe decretare che, alla fine, tutta questa differenza non venga percepita. Niente di più sbagliato! Prosecco e Champagne rappresentano infatti due mondi distinti e completamente separati, due universi molto distanti le cui similitudini si esauriscono nell'essere vini effervescenti, nel tendere al secco piuttosto che al dolce (e comunque per il Prosecco abbiamo anche versioni molto zuccherine, come si può leggere dall'articolo che abbiamo dedicato all'argomento) e nell'essere vini europei. Punto. Il resto è costituito da grandissime differenze. Sia chiaro, paragonare Prosecchi e Champagne è come mettere a confronto mele e patate. A queste persone possiamo ribattere affermando innanzitutto che ci sono varietà di Prosecco (pensiamo al Cartizze o al Rive) che non hanno niente da invidiare allo Champagne, e in secondo luogo che le vendite di Prosecco hanno superato quelle dello Champagne nel mondo, conquistando lo scettro di “bollicine” più amato.
Entriamo dunque nel vivo del contendere. La prima differenza di cui si deve dar nota, quando si parla di questi due vini, sta nella zona di produzione. Il Prosecco si produce in Italia, in Veneto e Friuli Venezia Giulia, rispettivamente in 15 e in 9 Comuni ben precisi, in territori piuttosto circoscritti, soprattutto nel caso del Conegliano-Valdobbiadene. Il vitigno di partenza è in larga parte da uve Glera. Lo Champagne invece viene prodotto in quattro grandi regioni della Francia: Cote Des Bar, per i vini a base Chardonnay; Cote Des Blanc per quanto riguarda la produzione dei Blanc de Blancs; Montagne de Reims, per gli Champagne a base Pinot nero; e infine Vallée de la Marne. Si capisce, dunque, come anche i vitigni differiscano, con conseguente varietà di sapori e aromi.
Oltre alle zone di produzione, un'altra differenza sostanziale tra Prosecco e Champagne riguarda i metodi di produzione. Lo Champagne si avvicina, nella metodologia e nella fermentazione, proprio al Franciacorta, in quanto il metodo di fermentazione è il cosiddetto Champenoise, o metodo Classico, con seconda fermentazione in bottiglia. Il Prosecco invece, sebbene prodotto anche con metodo Classico, presenta una più larga produzione attraverso metodo Martinotti o Charmat, cioè con seconda fermentazione in autoclave d'acciaio. Il tempo di fermentazione risulta anche più veloce, con una media di sei mesi rispetto a quelli più lunghi dello Champagne (dai 18 ai 30 mesi) che consente quindi ai lieviti di fermentare più agevolmente con una differenza anche nella quantità di anidride carbonica.
Altre differenze possono essere infine ricavate dal sapore e dagli aromi dei due vini, oltre che dai prezzi. Il Prosecco risulta essere dunque più fresco, fruttato e vivace, mentre gli Champagne hanno bollicine più piccole, dalla risalita più lenta, sono molto secchi e dal retrogusto speziato. Per quanto riguarda il prezzo invece, bisogna dire che mentre una bottiglia di Champagne parte dai 30 euro, un Prosecco Cartizze può arrivare a 20-25 euro, ed è quindi più economico.
L'Unione europea ha approvato la tipologia rosé di Prosecco, accettando anche una modifica al disciplinare di produzione. La notizia l'ha comunicata Coldiretti a tutti gli addetti del settore, annunciando l'approvazione non solo alla produzione ma anche all'esportazione. Il via libera lo si trova pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, attraverso la circolare C 362/26 del 28 ottobre. In poche parole il Prosecco rosé sarà venduto anche all'estero e potrà essere bevuto già a Capodanno in tutta Europa e nel mondo, nonostante dei possibili futuri lockdown.
Il Consorzio di tutela del Prosecco Doc (oggi composto da 11.460 produttori, 1.192 case produttrici e 347 case spumantistiche) nel maggio dello scorso anno (2019) approvò una modifica al disciplinare di produzione, in modo da inserire nella composizione del Prosecco anche il vitigno Pinot Nero. In questo modo il vino avrebbe assunto una diversa colorazione e sfumatura, e diversi sentori, tipici di un rosé. Decisione mai condivisa dal Consorzio del Prosecco superiore di Conegliano Valdobbiadene Docg, va detto, che ha sempre temuto di svilire la qualità del bollicine più famoso d'Italia. Per tutti gli altri invece, Coldiretti compresa, si tratta di un ulteriore arricchimento, dal punto di vista qualitativo ed economico. Con l'approvazione anche da parte dell'Ue e la pubblicazione di quest'ultima nella relativa Gazzetta Ufficiale, dal prossimo 1 gennaio sarà dunque possibile vendere Prosecco rosé ovunque.
Il Prosecco è un vino che non conosce crisi, nonostante un 2020 difficilissimo per tutti i settori, enologia inclusa. In realtà dai dati Coldiretti si evince che il valore delle vendite da gennaio a luglio di questo anno ammonta a circa 533 milioni di euro. In leggera flessione rispetto agli anni precedenti, visto che per la prima volta dopo trent'anni, c'è un calo, che si attesta sul 3%. Questi numeri però, considerato il lockdown primaverile e il fatto che ci sia stato uno stop a cerimonie, oltre alla chiusura dei bar e dei ristoranti, possono essere considerati davvero eccezionali. Il Prosecco rosé potrebbe perciò rappresentare un ulteriore volano per le esportazioni. Le aspettative riguardano infatti la vendita di 50 milioni di bottiglie (il 10% dell'intera produzione di Prosecco) da piazzare sul mercato internazionale. Per quest'anno però, secondo quanto previsto dal Consorzio Prosecco Doc, si potrà contare su 20 milioni di bottiglie che saranno esportate soprattutto verso il Regno Unito, Paesi nordeuropei e Stati Uniti. Dal prossimo anno si potrà raggiungere la cifra obiettivo dei 50 milioni.
Parole di soddisfazione sono arrivate anche dalla ministra per le Politiche Agricole e Forestali, Teresa Bellanova. “Il via libero europeo al disciplinare di produzione del Prosecco Doc Rosè con la modifica da noi richiesta, che rende possibile contare sulla nuova tipologia, è un’ottima notizia – ha detto - Essa consente ai produttori di un vino che da sempre oltre confine riscuote uno straordinario successo, di presidiare e conquistare un mercato sempre più ampio e che negli ultimi anni ha registrato una crescita sempre più importante in termini economici e di quantitativi”. La titolare del ministero dell'Agricoltura sottolinea anche come l'immissione in commercio del Prosecco rosé“sarà traino per l’intero sistema vitivinicolo nazionale che a causa della pandemia ha registrato una contrazione del valore delle vendite all’estero dopo il record fatto segnare lo scorso anno con oltre 6 mld di euro e che sta soffrendo in modo evidente anche per gli evidenti problemi che il canale della ristorazione sta affrontando”.
All'interno di questo blog in molti ci avete fatto notare come manchi un aspetto importante legato al mondo del Prosecco: le ricette. In effetti il Prosecco è un vino che si presta a diverse preparazioni culinarie, dai primi piatti ai secondi, fino al dessert, senza contare gli aperitivi o il fatto che può essere bevuto a tutto pasto. Cominciamo dunque a parlarvi di alcune ricette che vedono il Prosecco come uno dei protagonisti delle preparazioni. Un primo piatto sfizioso, tipico della tradizione lombarda: il riso al salto.
Aggiungere il Prosecco al riso al salto è un'idea interessante che alcuni chef hanno lanciato e in seguito molti hanno seguito. Il riso al salto è il tipico piatto lombardo del recupero, e lo si può preparare quando ad esempio avanza del risotto allo zafferano (o risotto giallo) dal giorno prima. In pratica si tratta di creare delle frittelle di riso, che con l'aggiunta del Prosecco e di formaggio Parmigiano Reggiano potranno trasformarsi in un fantastico antipasto. Se dunque hai già del riso da recuperare puoi passare direttamente alla fase dell'impasto e della frittura, altrimenti comincia dal preparare proprio il risotto. Vediamo comunque la ricetta.
Per preparare un ottimo riso al salto con Prosecco e Parmigiano ti serviranno questi ingredienti, porzionati per 2 persone:
150 grammi di riso Carnaroli o Roma;
500 ml di brodo vegetale;
mezzo bicchiere di Prosecco Doc di varietà Extra Dry;
50 grammi di Parmigiano Reggiano stagionatura 24 mesi;
15 grammi di burro per l'impasto, più un cucchiaino di burro chiarificato per friggere;
1 cucchiaio di Olio extravergine di oliva;
mezza cipolla o scalogno;
sale quanto basta.
Come primo step comincia con il far imbiondire la cipolla in una padella con l'olio extravergine. Una volta che sarà dorata tienila da parte. Intanto in una pentola tosta pure il riso, senza olio. Quando sarà ben caldo aggiungi il Prosecco e fai sfumare. A questo punto comincia ad aggiungere il brodo che avrai precedentemente preparato, mestolo dopo mestolo: un po' per volta, così darai tempo al riso per cuocersi. Aggiungi le cipolle caramellate. È questo il momento di procedere alla mantecatura. Prendi il burro e il Parmigiano Reggiano ed aggiungili al riso via via. Incorpora anche dell'altro Prosecco e mescola energicamente: darai così la possibilità al riso di incamerare aria, gonfiarsi e diventare più cremoso. Regola di sale.
La seconda fase di preparazione del piatto prevede il lasciar riposare il riso in una teglia per qualche ora e lasciarlo raffreddare. Se hai già del risotto avanzato comincia la ricetta da qui. Ora sei pronto per friggere il tuo riso e trasformarlo in riso al salto. Crea delle palline piuttosto grandi e poi schiacciale, e inseriscile in padella dove avrai fatto sciogliere del burro chiarificato. Fai friggere fino a dorare (senza scurire) le frittelle da entrambi i lati. A mano a mano che questi saporiti dischi di riso saranno pronti copri il tutto con del Parmigiano grattugiato e tieni in forno pre-riscaldato a 50 gradi. Porta in tavola guarnendo con dell'erba cipollina o, se preferisci, degli ortaggi in crudité. Non dimenticare di accompagnare il tutto con una bottiglia di Prosecco Doc gelata. Il Prosecco perfetto per gli aperitivi è un Superiore Extra Dry o un Cartizze, con un grado zuccherino non elevato ma neppure troppo secco come un grado zero (quest'ultimo consigliato se invece si vuole pasteggiare anche con pietanze a base di pesce).
Del Prosecco abbiamo finora valutato molti aspetti: caratteristiche e storia, abbinamenti, tipi di uve, cocktail che possono essere preparati, perfino le tipologie di tappi per le bottiglie. Non abbiamo però mai ancora parlato del bicchiere giusto in cui degustarlo. Qual è, pertanto, il bicchiere giusto per il Prosecco? E no, non si tratta di un aspetto secondario, anzi: scegliere il bicchiere più adatto aiuta a valorizzare e dare corpo alla struttura del vino, agli aromi e alle sue qualità organolettiche. Nel caso del Prosecco, a rinvigorire o sottolineare al palato le nostre amate bollicine. Vediamo allora come deve essere il bicchiere perfetto per un vino Prosecco.
Qui in Italia siamo soliti degustare il Prosecco, soprattutto come aperitivo, in un flute: un bicchiere cioè leggermente allungato che viene utilizzato indifferentemente per tutti i vini bianchi spumanti. In realtà, come abbiamo visto in altre occasioni all'interno di questo blog, non si tratta della scelta migliore. Il flute viene scelto in questi casi non avendo chiara la distinzione tra Prosecco e semplici vini spumanti o tra Prosecco e Champagne. Per quest'ultimo, ad esempio, viene spesso utilizzata una coppa, e lo si fa per consentire al naso di apprezzare tutti i profumi di un vino complesso. Lo stesso dovrebbe valere anche per il Prosecco. Il flute, invece, è un bicchiere ideale per spumanti giovani e da dessert, visto che limita la fuoriuscita delle bollicine e mantiene intatto tutto il brio del vino in questione.
Il Prosecco non è uno spumante qualsiasi, ma non è neanche uno Champagne. Possiede infatti delle caratteristiche peculiari che lo distinguono da qualsiasi altro vino bollicine. Il bicchiere per degustarlo, pertanto, dovrà essere di sicuro più ampio del flute, per far sì che il profumo e gli aromi prendano corpo, ma più stretto di una coppa, in quanto un Prosecco non ha la corposità e la “secchezza” di uno Champagne. Si ottiene così un bicchiere alto 22,2 centimetri e largo all'apertura 6,6 cm, mentre al punto medio si allarga a 7,7 cm. L'idea della sua creazione venne, ormai quasi vent'anni fa (nel 2003) a Franco Adami, patron dell'omonima cantina, che fece sì che il consorzio per la tutela del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene collaborasse con la famosa cristalleria austriaca Riedel proprio per la realizzazione di un bicchiere ad hoc. In questo modo il perlage viene mantenuto, e allo stesso tempo l'aroma e la qualità del vino vengono valorizzati ed apprezzati.
Perché il bicchiere è così
importante per un vino
Sabrage:
a cosa ci riferiamo quando utilizziamo questo termine? Se siete
appassionati di vini, e in particolare di spumanti, forse sapete già
di cosa stiamo parlando. Per tutti gli altri: in questo articolo vi
spieghiamo in cosa consiste questa tecnica speciale per aprire “a
sciabola” le bottiglie di spumante, in particolare del
Prosecco.
La parola sabrage è francese e significa “sciabolare” (da sabre, che vuol dire sciabola). Viene utilizzata per aprire le bottiglie di vino spumante (champagne, soprattutto) fin dall'epoca napoleonica, quando i componenti dell'esercito di ufficiali proprio delle armate napoleoniche festeggiavano le battaglie vinte (ma anche quelle perse, per rincuorarsi). In realtà viene utilizzata un'apposita sciabola proprio per lo champagne, e la tecnica del sabrage nel corso dei secoli si è affinata fino a trasformarsi in un vero e proprio cerimoniale. La sabre, in questo caso, ha una lama molto corta, di circa 30 cm, che la rende più simile ad un coltello che a una vera e propria sciabola. Un'altra caratteristica di queste sciabole è che spesso non dispongono di una punta, giacché non è tanto l'affilatura della lama che assurge allo scopo di tagliare, ma l'impatto che la sciabola ha sul collo della bottiglia.
Ovviamente non ci si può improvvisare “sciabolatori” di bottiglie di vino! Tuttavia, seguendo alcuni accorgimenti si capirà che non è poi così difficile applicare questa tecnica. Ecco allora qualche consiglio se volete fare bella figura durante una cerimonia o un festeggiamento.
Assicuratevi che la bottiglia di spumante (Prosecco, nel nostro caso) sia davvero gelata, e che la sua temperatura misuri non più di 6 gradi. Procedete poi a denudare il collo della bottiglia, privandolo della gabbietta e della stagnola (ma alcuni, ad esempio, non rimuovono la gabbietta). A questo punto fate sì che la lama aderisca perfettamente al rilievo del collo della bottiglia. Tenete la bottiglia ben ferma in una mano, e con l'altra assestate un bel colpo di sciabola. Secondo gli esperti l'angolatura tra la sciabola e la bottiglia dovrà rientrare in un range tra i 30 e i 40 gradi. Non sono necessari colpi forti: vanno bene anche dei movimenti leggeri, purché ben decisi.
Un consiglio: se siete alle prime armi evitate di esercitarvi con bottiglie di un certo valore. Utilizzate invece vini dal prezzo basso, per evitare uno spreco inutile.
Non tutti ovviamente possiedono una sabre per effettuare un taglio di bottiglia a regola d'arte. Tuttavia esistono delle alternative se proprio non si vuole rinunciare a questo scenografico gesto. Se si dispone della giusta forza e di un polso fermo, può andar bene anche un coltello. Addirittura ci sono persone che riescono ad aprire con questa tecnica una bottiglia di Prosecco perfino utilizzando una carta di credito o una scarpa da donna con tacco a spillo o anche una forchetta, tanto che ci sono dei video sul web di chi ha creato una vera e propria tecnica parallela in tal senso, chiamata “fork sabrage”!
Sul sabrage c'è anche chi si esercita e si allena per sciabolare quante più bottiglie possibile in un minuto. Il record da Guinnes dei primati in questa tecnica è attualmente detenuto da Ashrita Furman, statunitense, che in un minuto ha sciabolato ben 66 bottiglie di champagne! Il record, iscritto nel libro dei Guinness, è stato raggiunto il 2 agosto del 2015, nello stato di New York.
Settembre 2020,
tempo di vendemmia. Vale anche per il Prosecco, e per la
denominazione Docg Conegliano Valdobbiadene. Sebbene a luglio il
quadro delle previsioni non fosse totalmente roseo per le nostre
amate “bollicine”, in realtà la
situazione lascia spazio per essere ottimisti, a tutto vantaggio
della qualità di questa annata,
che si preannuncia qualitativamente di alto livello. Conosciamo però
i dettagli di queste previsioni e come si svolgerà la vendemmia.
Nello scorso mese di luglio il Settimanale Tre Bicchieri ha pubblicato un sondaggio a campione sui più importanti distretti del vino in Italia. Quelli presi in considerazione sono stati 18. Ciò che ne è venuto fuori è stato che, nonostante un calo nella quantità della produzione, la qualità dei vini per il 2020 sarà molto alta. Di sicuro il Prosecco, stando alle previsioni di due mesi fa, non avrebbe confermato i volumi del 2019. A fronte di questo calo quantitativo (e di conseguenza, si teme, nelle vendite), le uve sono ottime, quando non eccelse. È quanto assicurano anche i tecnici del Consorzio dello stesso Prosecco Docg Conegliano Valdobbiadene. In realtà il lavoro non si è fermato affatto, pur con le restrizioni e le norme imposte dalla pandemia di Covid 19. Stando alle dichiarazioni dei viticoltori del consorzio, il loro impegno è stato ancora più forte. Se si pensa che le vendite di Prosecco hanno subìto una flessione leggerissima da gennaio ad agosto di quest'anno (-3,8%, dati forniti dal Consorzio) rispetto, ad esempio, al -40% del comparto food e ristorazione, si capisce come i risultati debbano considerarsi davvero buoni. La vendemmia del 2020, intanto, si presenta ottima dal punto di vista climatico.
Ebbene sì, il 2020, seppur un anno molto complicato dal punto di vista economico e sociale, è stato molto positivo (almeno fino ad ora) dal punto di vista del clima e delle temperature. Dopo un inverno a cavallo con il 2019 secondo gli standard climatici mediterranei, la primavera è stata splendida, soleggiata e mite, e un'estate che sta trascorrendo senza umidità eccessiva. Grazie a queste caratteristiche le uve di Glera sono maturate con grappoli pieni e assolutamente privi di ammaccature, scottature o perdite di volume ed idratazione. Risultato: il livello di acidità è ottimale, caratteristica necessaria per un Prosecco che risponda ai canoni ottimali. Se l'autunno manterrà le promesse fatte, le uve saranno fresche e fragranti.
Ricordiamo che il territorio del Consorzio Conegliano Valdobbiadene Docg si contraddistingue per peculiarità del terreno non comuni. I pendii rapidi e scoscesi e le curve che procedono con saliscendi rendono questi spazi non vendemmiabili tramite l'ausilio di macchinari. Ciò rende possibile la vendemmia, quindi, solo a mano. Per quest'anno si comincerà da Sud-Est, dalle zone più assolate e secche, cioè, per arrivare via via alle zone di Nord-Ovest durante il corso di tutto il mese di settembre. Ecco che dunque, a fronte delle consuete 150 o 200 ore di lavoro per ettaro che viene richiesto nelle zone più pianeggianti, nel Conegliano Valdobbiadene le ore da lavorare per ettaro ogni anno arrivano a 600 o 700! Non a caso questo tipo di vendemmia viene definita “eroica” e spiega anche il maggior prezzo dei Prosecchi di questo consorzio al consumatore finale. Chiudiamo con le parole di Innocente Nardi, presidente del Consorzio di tutela Conegliano Valdobbiadene Docg: “La viticoltura eroica si difende costruendo valore e non con la quantità. La sfida non è conclusa ma siamo certi di avere la passione necessaria per affrontarla”.
Finora abbiamo sempre parlato di vino in generale, e di Prosecco nello specifico, considerando le tecniche di lavorazione, i sapori, le caratteristiche, i dati sulla vendita, ma dando per scontato, in un certo senso, il frutto e ancora di più la pianta da cui tutto nasce: la vite. Quando è nato il vino e quali sono le origini della viticoltura? Che caratteristiche possiede una vite sana? A queste domande, che nascondono tante notizie di storia, cerchiamo di rispondere con questo articolo.
L'archeologia è una scienza a cui si possono tenere nascoste davvero poche cose. Tra queste la nascita della viticoltura e delle piante di uva da vino. Basti pensare che la vite selvatica appare sulla Terra già 60 milioni di anni fa (uno dei più antichi esseri viventi in natura), mentre quella da vino, “Vitis vinifera” fa la sua comparsa “solo” 1 milione di anni fa. L'adozione della tecnica con Carbonio 14 ha poi aiutato a scoprire come la viticoltura sia comparsa già nel 7000 avanti Cristo, nella culla della civiltà: la Mezzaluna fertile (la zona che si estende tra la zona montuosa del Caucaso e i Paesi del Nord-Africa, come l'Egitto). Già in quest'epoca, quindi, si rilevano tracce di quelle che erano antiche bevande riconducibili all'antenato del vino. Bisogna però arrivare ai primi anni del '900 per avere un vero e proprio vigneto europeo! Nei secoli precedenti, infatti, sciagure, calamità e parassiti come la filossera, avevano messo a rischio la viticoltura del Vecchio Continente.
La storia del vino risale alla preistoria. Sicuramente l’invenzione del vino è stata fortuita e sembra che sia stato prodotto per la prima volta tra 9 e 10000 anni fa nella zona del Caucaso. Le prime testimonianze archeologiche registrate di presenza della Vitis vinifera sono state rinvenute in alcuni siti degli odierni territori della Cina 7.000 anni A.C., della Georgia 6.000 A.C., dell'Iran 5.000 A.C., della Grecia 4.500 A.C. oltre che in Sicilia 4.000 A.C. Circa. La prova più antica della produzione di vino “in serie” e in modo continuativo, però, è stata trovata in Armenia ed è collocabile temporalmente intorno al 4.100 a.C. circa con la scoperta della più antica cantina per la conservazione esistente. Agli armeni, allora, non si deve tanto l’invenzione del vino, quanto il definitivo sviluppo delle coltivazioni e di conseguenza la produzione del nostro amato elisir alcolico.
Il vigneto e il vino sono stati una parte importante delle società fin dall'Antichità, intimamente associati alle loro economie e cultura popolare tradizionale. Il vino è sinonimo di festività, ubriachezza, convivialità; ha investito di sé il vasto campo dei valori simbolici ed è presente tutt'oggi nella maggior parte dei paesi. La sua esistenza è frutto di una storia lunga e turbolenta.
Gli ettari adibiti a vitigni nel mondo equivalgono a circa 8 milioni. Di questi, quasi 5 milioni si trovano proprio in Europa, con prevalenza di Paesi come Italia e Francia. Da non sottovalutare anche la Spagna, con 1 milione di ettari, spesso utilizzati per la produzione del brandy. Restando in Italia, secondo i dati resi noti da Federvini, il primo posto va al vitigno Sangiovese, con 54 mila ettari. Successivamente troviamo il vitigno Montepulciano, con 27 mila ettari e poi il Glera (il vitigno del nostro Prosecco). Interessante la tracciabilità del Trebbiano bianco, coltivato per la maggior parte fuori dal nostro Paese. In pratica, in Italia si trovano appena 21 mila ettari di Trebbiano, in confronto dei 111 mila ettari in altri Paesi. Com'è la situazione nel mondo, invece? A parte la sorpresa del Kyoho, coltivato in gran parte in Cina, a farla da padrone è il Cabernet Sauvignon, con ben 341 mila ettari. Seguono il Merlot, con 266 mila ettari, e il Tempranillo, con 231 mila.
Quando si hanno dei vitigni da curare bisogna affrontare diversi problemi e complicanze che la vite presenta. Si tratta infatti di una pianta molto delicata, sensibile agli sbalzi di temperatura e alle intemperie, come freddo, gelate, caldo intenso e siccità. C'è bisogno di tempo mite in maniera costante, e se tenuto bene, un vitigno può durare molti anni. Una pianta di vite, infatti, arriva anche a vivere fino a 90 anni, un po' come gli esseri umani. Per tutto l'inverno che segue alla vendemmia le viti resteranno spoglie, mentre per attendere le prime gemme occorrerà che arrivi la primavera. Lì ci saranno i primi germogli. Se questi ultimi mancano vuol dire che l'inverno ha danneggiato la pianta. Va quindi molto seguita, quasi quotidianamente, ed osservata per notare il minimo cambiamento in essa. Più la vite viene curata e messa al primo posto per qualità di coltivazione, più il vino sarà buono.
Nel nostro blog ci occupiamo di tutti gli aspetti relativi al mondo del Prosecco: cerchiamo di capire qual è la sua provenienza, quali le sue origini storiche, diamo uno sguardo ai metodi di realizzazione, e ai dati sulle vendite e su quanto esso venga apprezzato nel mondo. Molto spesso abbiamo affrontato anche curiosità e dati interessanti su prezzi e utilizzi di questo vino. Non ci siamo finora però mai occupati di un argomento che pure risulta molto importante, anzi, oseremmo dire fondamentale: gli abbinamenti con il cibo. Quali sono le pietanze che meglio si sposano con il Prosecco, dal Dry al grado 0? Vediamolo insieme.
Apprezzato e versatile: il prosecco è buono a tutto pasto
La particolarità del Prosecco, che lo rende per questo un vino più unico che raro, è che può essere gustato accanto a qualsiasi tipo di portata, a tutto pasto. La sua versatilità lo rende infatti adatto tanto agli aperitivi quanto a certi tipi di primi piatti, di secondi o dessert. Basta scegliere il giusto grado zuccherino, e magari cambiare solo quello, restando comunque nell'ambìto Prosecco. Facciamo un esempio, sempre tenendo a mente la regola aurea che non bisognerebbe mai utilizzare più di tre tipi di vino (o tre vini completamente diversi) per pasto. Per l'aperitivo e gli antipasti il consiglio è quello di scegliere un Brut, abbastanza secco ed in grado di esaltare cibi come tartine, verdure, stuzzichini vari. Preferibile non miscelarlo a liquori o succhi di frutta, altrimenti si entra nell'argomento cocktail (a cui dedicheremo un post) e perderebbe i suoi sentori caratteristici. Per i primi piatti e per certi secondi, soprattutto a base di verdura (ma c'è chi beve Prosecco anche sulle fritture di pesce o con i molluschi e le orate) meglio preferire un Extra Brut o un grado zero, capace di tirar fuori i veri sapori della terra, come gli asparagi, o un radicchio trevigiano. Perfetto anche con formaggi come la ricotta, soprattutto abbinata a torte rustiche oppure ortaggi come zucchine e melanzane. E per i salumi? Potrebbe sembrare un controsenso, visto che siamo portati a pensare immediatamente ad un rosso quando si parla di salumi, ma un Prosecco amaro va molto bene anche con mortadella o prosciutto cotto (meno con salame o crudo, troppo speziati, che richiedono un appoggio diverso).
Sorprendente con le insalate e i piatti unici estivi
Se siete tra quelli che, soprattutto in estate, non amano i pasti dalle molte portate, ma preferiscono dei piatti unici o delle belle insalatone, anche qui il Prosecco può essere la scelta giusta. Amanti di una caprese con mozzarella, pomodoro e basilico, insalate di riso dagli ingredienti estivi o una Nizzarda a base di tonno, saremo tutti d'accordo con la scelta di un Prosecco di Valdobbiadene docg. Quest'ultimo infatti esalta la freschezza, la delicatezza e la semplicità di questi piatti. L'accostamento è l'ideale anche con gamberetti, o se preferite pranzi a base di frutta esotica come mango e avocado, con contorno di noci. Un unico accorgimento: il vino dovrà essere sempre ghiacciato, mai sopra gli 8°.
Attenzione all'abbinamento con i dessert: mai troppo secco
Un errore che spesso si commette, facilitato anche da una sorta di moda che ha preso piede negli ultimi dieci o venti anni, è quello di associare al dessert uno Spumante Prosecco Brut o Extra Brut. Per un certo periodo sembrava infatti che chi preferiva il vino dolce sul dolce fosse da mettere alla berlina!
Invece no: sui dolci sarebbe meglio evitare completamente il Prosecco, ma se proprio non potete farne a meno, sceglietene uno dal grado zuccherino alto, come un Dry.
Se ne parlava già da diverso tempo, ormai, ma alla fine il Prosecco Rosé ha un suo posto riconosciuto all'interno del Disciplinare dedicato a questo vino spumante. La modifica è infatti stata pubblicata mercoledì 12 agosto in Gazzetta Ufficiale, con tanto di denominazione Doc. Con buona pace dei puristi, che invece erano contro questa decisione. La decisione viene però incontro alle istanze dei molti produttori, che purtroppo hanno dovuto affrontare questa prima metà del 2020 in perdita, e che perciò ora tirano un sospiro di sollievo. Per quanto riguarda le vendite bisognerà aspettare il prossimo 12 ottobre, quando il Prosecco Rosé sarà sugli scaffali di tutti i supermercati come Doc Rosé. Un mese dopo, inoltre, sarà pronto anche per le esportazioni verso i Paesi esteri.
Questa la promessa: produrre 90 milioni di bottiglie di Prosecco Rosè nei prossimi due anni. I produttori di vino Prosecco Doc hanno però l'obbligo di utilizzare prima il vino prodotto nel 2019. Secondo gli stessi produttori la cifra di produzione delle bottiglie si attesterà per i prossimi due o tre mesi fino ai 15 milioni. La promessa è comunque un'altra: arrivare a 90 milioni di bottiglie e più nei prossimi due anni, fino cioè al 2022. La notizia dell'esordio del Prosecco Rosé all'interno del Disciplinare e della successiva commercializzazione ha dato perciò una spinta di entusiasmo ai produttori di questo vino, che non hanno esitato a promuovere nuovi investimenti. Packaging e stoccaggio sono dunque le nuove spese degli imprenditori, i quali assicurano che, nell'attesa dei codici e delle norme per l'imbottigliamento, stanno assistendo già al tutto esaurito nelle prenotazioni del bollicine rosato. Si tratta di una vera e propria sfida per il Consorzio Doc. Il prezzo di una bottiglia di Prosecco Rosé sarà, in ogni caso, un po' più alto rispetto ad un Prosecco classico (sugli 8/10 euro in media per bottiglia).
Di Prosecco Rosé Doc con relativa modifica del Disciplinare si parlava già da anni e molte sono state le controversie affrontate, con uno schieramento quasi in fazioni. Da una parte i puristi del Prosecco (in particolare i produttori dei Docg e anche una larga fetta del Consorzio Doc, contrariati soprattutto dall'aggettivo di denominazione apposto), dall'altra i fautori di questa piccola/grande rivoluzione. Quello che proprio i puristi del Prosecco non riuscivano a sopportare è che il vino ottenuto dai vitigni Glera può essere addizionato di Pinot Nero, quello che cioè diventa il responsabile della colorazione rosata. In questo modo, dicono, si va a snaturare un prodotto tipico di un territorio, che viene automaticamente svilito perché il Pinot Nero è un vitigno internazionale. Un'operazione di puro marketing, si era dunque decretato. Ad avere la meglio, però, è stata la considerazione che il Prosecco Rosé esiste già da tempo, seppur senza riconoscimento da parte del Consorzio e del Disciplinare, e riscuote enorme successo all'estero, in particolare in Paesi come Gran Bretagna ed America del Nord (Stati Uniti e Canada). Si è trattato così di rendere semplicemente ufficiale un dato di fatto.
Molti sono stati gli imprevisti e le difficoltà che i promotori del Prosecco Rosé Doc hanno dovuto affrontare per raggiungere l'obiettivo della denominazione. Tra queste, l'avanzare del falso “Pearsecco”, venduto soprattutto all'estero (proprio come era accaduto per il “Parmesan” contro il Parmigiano Reggiano) e la trattativa con gli svedesi, intenzionati ad acquistare un grosso quantitativo di bottiglie, ma ad un prezzo irrisorio (2,40 euro alla bottiglia). Senza contare il ricorso effettuato dai produttori di Prosecco del Friuli. Alla fine tutto si è concluso per il meglio, con il risultato del riconoscimento del Prosecco Rosé dal Disciplinare.
Il Prosecco è di certo un vino che ha contribuito a creare (e continua a farlo) la storia della cultura italiana. Grazie anche ai vini Prosecco infatti, la fama dell'enogastronomia del nostro Paese è cresciuta moltissimo negli ultimi cinquant'anni, tanto da arrivare, nel 2014, ad un sorpasso nelle vendite nel mondo perfino dello Champagne francese. Tuttavia, i vini Prosecco non sono tutti uguali. Molta differenza passa, ad esempio tra un Prosecco tranquillo e un Prosecco spumante, così come tra un Extra Dry e un dosaggio zero. Tra le molte differenze riconoscibili all'interno dell'universo Prosecco (tutelato anche da un Disciplinare del 2009 e aggiornato nel 2019) troviamo anche la distinzione tra marchio Doc e marchio Docg. Scopriamo di cosa si tratta.
Cominciamo col dire che un marchio Doc indica una Denominazione di origine controllata, mentre un Docg si riferisce ad una Denominazione di origine controllata e garantita. Sia nel caso di vini Prosecchi Doc che Docg stiamo parlando di prodotti strettamente legati a determinati territori, dalle caratteristiche inconfondibili. Nello specifico, per il Prosecco Doc le regioni di elezione sono il Veneto ed il Friuli Venezia Giulia, mentre le province sono quelle di Belluno, Padova, Treviso, Venezia, Vicenza per il Veneto, e Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine per il Friuli. Per essere ammesso ad una Denominazione di Origine Controllata, un vino normalmente dovrà passare dalla denominazione Igt (Indicazione Geografica Tipica) e mantenerla per almeno cinque anni. Un vino Doc è una garanzia anche per una migliore vendita dei prosecchi, poiché oltre alla provenienza del vitigno assicura un'alta qualità del vino in oggetto.
Quando un prodotto, un vino e nel caso che ci interessa, un prosecco, ha mantenuto il marchio Doc in etichetta per almeno dieci anni, può chiedere di essere inserito in un Disciplinare specifico che tutela il marchio Docg. La denominazione di origine controllata e garantita aggiunge valore in qualità al vino, perché più prestigiosa. Tra i prosecchi Doc solo alcuni sono diventati Docg: si tratta di quelli prodotti nelle zone Conegliano-Valdobbiadene ed Asolo. Per passare da Doc a Docg i vini devono superare analisi che insistono sulle caratteristiche organolettiche, con commissioni specifiche che controllano tutte le fasi di produzione del vino, fino all'imbottigliamento.
Nonostante l'indiscutibile qualità dei prosecchi Doc, la denominazione Docg offre qualcosa in più, e di questo si tiene conto anche nelle vendite. Basti pensare che il rapporto tra Doc e Docg è del 18%: questo significa che solo 18 bottiglie su 100 di Prosecco Doc diventano Docg. La differenza la si nota anche al palato: poiché il Prosecco Docg è il frutto di coltivazioni effettuate su terreni molto ricchi, minerali e argillosi, il suo sapore è molto sfaccettato, e pieno di sentori aromatici rispetto ad un “semplice” Doc. Ciò è dovuto anche alla maggiore e migliore esposizione al sole dei terreni, che quindi impediscono la formazione di muffe.
Va da sé che un vino Prosecco Docg costerà molto di più, e ciò viene giustificato anche dal tipo di coltivazione, molto più faticosa. Tra le zone di Conegliano e Valdobbiadene non si lavora mai con i trattori, ad esempio, per cui invece di 150 ore che servono normalmente per lavorare una vigna, ce ne vogliono circa 600, poiché si lavora tutto a mano, sotto le intemperie, vento, sole o pioggia che sia.