Il metodo ancestrale: la doppia fermentazione per un Prosecco completamente naturale

12/06/2020
von Alberto Perini

In un altro post di questo blog abbiamo parlato dei metodi più conosciuti per la “lavorazione” e la spumantizzazione dei vini bollicine, in particolare del Prosecco: il Classico o Champenoise e lo Charmat (Martinotti). Esiste però un metodo molto più antico, il primo in assoluto nella storia dedicato ai vini frizzanti, completamente naturale: il metodo ancestrale. Vediamo, pertanto, in cosa consiste il metodo ancestrale e che differenze ci sono rispetto al metodo Charmat e al metodo Classico. La caratteristica principale del metodo ancestrale è quello di non utilizzare alcuna sostanza estranea al vino e ai prodotti della terra, men che meno ritrovati chimici. Possiamo dire che si tratta di una via di mezzo rispetto agli altri due metodi, anche se forse si avvicina di più allo champenoise (o classico) rispetto ad uno Charmat/Martinotti. Vediamo allora nello specifico in cosa consiste il metodo ancestrale e qual è la sua storia.

Pressatura leggera delle uve e prima fermentazione in vasche

Per prima cosa un vino fermentato con metodo ancestrale parte da una pressatura leggera delle uve, per consentire che i lieviti presenti naturalmente nelle bucce degli acini (“lieviti indigeni o autoctoni”) possano estendersi a tutto ciò che viene ricavato. Il mosto ottenuto, viene inserito in vasche di acciaio inox a temperature costantemente controllate, spesso molto basse. A questo punto la fermentazione viene gradualmente rallentata fino ad essere bloccata del tutto: lo stop viene deciso quando il vino raggiunge una certa quantità di zuccheri e lieviti, che garantiranno una ripresa di una fermentazione tutta naturale una volta trasferito il vino in bottiglia. 

Seconda fermentazione in bottiglia 

Una volta trasferito in bottiglia (di solito questo procedimento avviene con una temperatura piuttosto mite, intorno al mese di aprile) il vino riprende la sua naturale fermentazione, garantendo un giusto equilibrio di zuccheri e lieviti: avviene così la cosiddetta rifermentazione. Alla fine il vino può essere capovolto, etichettato e messo in commercio. Se lo si agita i lieviti rivivono e ritornano in sospensione. Per questo motivo il sapore di uno spumante metodo ancestrale risulta più complesso e corposo, e ricorda il pane, in special modo la sua crosta. Questi vini vengono definiti anche “col fondo”.

La storia del metodo ancestrale: dall'antico Champagne al giorno d'oggi

Le origini del metodo ancestrale in fermentazione, sembra risalgano a diversi secoli fa in Francia, addirittura prima dello Champagne. A voler essere pignoli potremmo ricondurre gli albori di questo metodo agli antichi Romani (con il cosiddetto “vino titillans”, cioè frizzante) che lasciavano fermentare il mosto due volte nelle anfore. Nei secoli successivi questo metodo venne adoperato per prima sui vini spumanti della regione Limoux (come l'Aoc Blanquette), già nel XVI secolo, e fu poi utilizzato anche per i vini Champagne. Oggi i vini così prodotti vengono definiti “petillant naturelle”. In Italia i vini spumanti prodotti con metodo ancestrale si concentrano soprattutto in Emilia Romagna o Toscana, ma non mancano gli ottimi vini bianchi dell’Alta Marca Trevigiana fermentati in maniera ancestrale.